Home

Ciao a tutti, oggi voglio parlarvi di un argomento su cui i miei clienti spesso mi chiedono consigli: come conservare il vino.

Il vino è infatti un prodotto delicato che richiede particolari condizioni di conservazione per mantenere intatte le sue caratteristiche organolettiche, e si rischia di comprometterne la qualità a causa di piccole disattenzioni.

Immaginate: andate in una cantina, fate una degustazione, qualche vino vi colpisce in modo particolare e ne comprate una scatola.
Arriva il giorno della cena con gli amici, portate in tavola la vostra bottiglia e “assaggia qua che chicca che ho trovato nelle Langhe”… e il vino è completamente diverso da come ve lo ricordavate! O addirittura peggio, presenta sapori o odori sgradevoli.

Ma non preoccupatevi, per evitare questi incidenti basta osservare alcuni semplici consigli.

In primis, è importante tenere in considerazione che il vino va conservato in un luogo fresco, buio e con una temperatura costante. La temperatura ideale per la conservazione del vino è tra i 12 e i 14 gradi.

Una temperatura troppo elevata può accelerare il processo di invecchiamento del vino, mentre una troppo bassa può causare la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle bottiglie, danneggiando così il vino stesso.

Bianchi e rosati, non sempre in frigo!

Per quanto riguarda i vini bianchi e rosati, questi possono essere conservati in frigorifero per alcuni giorni.
Però è importante evitare di tenerli troppo a lungo in frigorifero, poiché la temperatura troppo bassa può alterare le loro caratteristiche organolettiche.

Quindi Il mio consiglio è di metterli in frigo solo il giorno stesso, e per i tempi più lunghi regolarsi come per i rossi normali.

I rossi vanno solo in cantina?

I vini rossi, come il mio Dolcetto d’Alba Doc o il Barbera d’Alba DOC invece, possono essere conservati in cantina. Questi ambienti sono ideali per la conservazione dei vini rossi poiché hanno una temperatura costante e un’umidità adeguata.

Inoltre questi possono beneficiare della posizione orizzontale delle bottiglie, in modo che il tappo rimanga a contatto con il vino, evitando così l’ossidazione del vino stesso.

Molti di voi si staranno chiedendo: e se non ho una cantina?

Spesso molti appartamenti, soprattutto in città, non sono dotati di una cantina, ma non disperate!

In generale, è importante evitare di conservare il vino in prossimità di fonti di calore o di luce diretta, poiché questi elementi possono alterare il vino e causare il deterioramento delle sue caratteristiche organolettiche.

Quindi cercate una parte della casa che sia meno soggetta a sbalzi di temperature durante l’anno, magari in un ripostiglio o uno sgabuzzino.

Esistono poi in commercio delle cantinette elettriche di varie misure che permettono di controllare temperatura e umidità del vino, certamente non sono gratis ma negli ultimi anni si sono molto diffuse e i prezzi sono diventati più abbordabili.

Certo, ne vale la pena soprattutto per vini un po’ più importanti, e questo ci porta all’ultima tipologia:

Vini pregiati o di grande annata

Per questi vini è praticamente obbligatoria la conservazione in un ambiente adatto. Questo perché tali vini hanno bisogno di condizioni particolari per evitare che si deteriorino e per mantenere intatte le loro caratteristiche.

Oltre al discorso del valore economico in sé della bottiglia, bisogna anche fare un discorso di tempo.

Prendiamo ad esempio il mio Barolo DOCG. Questo vino come sapete viene messo in vendita dopo almeno 3 anni, è un vino strutturato e complesso, ma che può essere consumato anche subito dopo l’acquisto, dato che ha già appunto un minimo di invecchiamento che ne garantisce la maturazione.

Allo stesso tempo però per sua natura si presta all’invecchiamento, che porterà ad un’ulteriore evoluzione di tutti gli aspetti del vino, che sarà diversa e accentuata con il passare del tempo.

Quindi se prevedete di conservarlo per alcuni anni e non avete una cantina, vale il discorso delle cantinette refrigerate che abbiamo fatto prima: sono un investimento che vi permetterà di godere appieno della maturazione nel tempo delle vostre bottiglie preferite!

In genere se non è proprio possibile conservare il vino in un ambiente adatto, consiglio di berlo entro la stagione successiva all’acquisto, per evitare lo sbalzo di temperatura che subirebbe.

Spero che questi consigli possano esservi utili per gustare al meglio le vostre bottiglie, vi aspetto in cantina!

Finalmente è arrivato l’autunno! Per quanto possa fare piacere godersi qualche giorno in più di sole, devo ammettere che cominciavo a chiedermi quando sarebbe finita questa specie di estate lunghissima, con temperature decisamente sopra la media.

Qui in Langa l’autunno è sicuramente la stagione più suggestiva, con le vigne e le piante che cambiano colore offrendo dei panorami che lasciano senza fiato per la loro varietà.
L’autunno è anche la stagione di uno dei prodotti più caratteristici di questa terra, insieme al vino: il tartufo.

La fiera più importante: quella del Tartufo bianco d’Alba

Ogni anno infatti migliaia di appassionati si riversano ad Alba per la fiera del tartufo, uno dei più importanti appuntamenti per la città e vetrina mondiale per Langhe, Roero e Monferrato.

Qui si tiene l’asta internazionale dove i pezzi più pregiati vengono venduti al miglior offerente, e per le vie della città i cosiddetti “trifolai”, i cercatori di tartufo, propongono il frutto delle loro segretissime ricerche.

Non voglio dilungarmi troppo sulle caratteristiche del tartufo e sul vasto mondo che ci gira intorno, magari ve ne parlerò in un’altra occasione, per oggi voglio concentrarmi sul mangiarlo!

Bianco o nero?

Diciamo, per semplificare, che il tartufo nero ha un profumo delicato e un sapore gradevole, mentre il tartufo bianco è molto più intenso nonché raro, e da qui il suo costo maggiore che può arrivare anche a 3 volte quello del tartufo nero.

Se siete appassionati, o anche solo curiosi di provare un gusto nuovo e particolare, vi voglio suggerire due semplici ricette per avvicinarvi a questo prezioso tubero, insieme ai sapori tipici delle Langhe.

Carne cruda all’albese al Tartufo bianco d’Alba

Questo piatto è un grande classico della cucina albese, un antipasto semplice e il cui successo è strettamente legato alla qualità degli ingredienti.

Spesso le persone di altre regioni d’Italia sono scettiche rispetto alla carne cruda, perché magari pensano che sia rischioso mangiarla.
Ovviamente bisogna avere l’accortezza di usare una carne di alta qualità, preferibilmente la Fassona piemontese, meno grassa e molto delicata.

Non spaventatevi, in Langa mangiamo carne cruda da sempre e stiamo tutti bene!
Scherzi a parte, è importante che la carne sia fresca, oltre che di qualità.

Solitamente chiediamo al macellaio di prepararla al momento, andando a fare una battuta al coltello del pezzo di manzo, ma potete tranquillamente fare voi stessi la procedura a casa.

Una variante più semplice prevede che la carne venga macinata, come si farebbe per preparare il ragù.

Prendete circa 100 grammi di carne a testa, aggiungete un filo d’olio, sale e pepe e poi disponetela per creare un piccolo cilindro di circa due dita di spessore e 4 o 5 di diametro.

Nella ricetta base si aggiunge anche un poco di succo di limone, ma i piatti troppo acidi non si sposano bene col tartufo.

Per finire grattugiate alcune scaglie di Tartufo bianco d’Alba sul cilindro di carne e preparatevi ad un’esplosione di gusto!

Tajarin al burro e tartufo nero

Per questo primo piatto vi serviranno semplicemente dei Tajarin freschi, sono dei piccoli spaghetti di pasta all’uovo, di pochi millimetri di diametro, del burro e un po’ di tartufo nero.

Potete calcolare circa 100 grammi a testa e una noce di burro, mentre per il tartufo vige sempre la regola di seguire il sentimento, ma senza esagerare con la quantità per non rovinare l’armonia dei sapori.

Dopo una breve cottura di un paio di minuti, unite i tajarin al burro in un tegame caldo, con una spolverata di noce moscata e pepe.

A questo punto grattugiate il tartufo fresco direttamente sul piatto.

Ho appositamente scelto un piatto caldo per il tartufo nero perché essendo meno intenso, il calore della pasta lo aiuta a sprigionare i suoi aromi e gusti, mentre il sapore più deciso di quello bianco può essere apprezzato sia con piatti freddi che caldi.

E per il vino?

Ovviamente quando si parla di piatti golosi, per goderne appieno non bisogna dimenticare il vino!

Per la carne all’albese, essendo un antipasto, vi propongo di abbinarla al mio Dolcetto d’Alba DOC, un vino da tutto pasto ma con una bella personalità.

Invece i tajarin di sposano bene con il Barbera d’Alba DOC, che ha maggior corpo e sostiene bilancia il grasso del burro con la sua acidità.

Spero che queste semplici ricette vi piacciano, e se non siete sicuri di avere gli ingredienti giusti, venite direttamente ad Alba alla fiera del tartufo, poi andate in macelleria, in gastronomia e per finire passate a trovarmi in cantina a Monforte!

Ciao a tutti, come state? Immagino che per molti di voi le vacanze siano finite, o magari avete scelto di evitare la ressa di agosto per andare in ferie a settembre.

Come ben sapete per noi viticoltori questo è un periodo fondamentale, quello della vendemmia!

Tra circa una settimana comincerò a raccogliere il dolcetto, per poi passare al barbera e chiudere a metà ottobre con il nebbiolo. Ovviamente non si raccoglie tutti i giorni, avremo l’equivalente di una settimana di raccolta spalmata in poco più di un mese.

Un periodo di scelte importanti

Come vi raccontavo in passato, il lavoro in vigna richiede di interpretare la situazione delle piante per prendere scelte che influiranno sullo sviluppo e quindi sulla qualità dei grappoli.

Non esiste un’annata uguale all’altra, anche se chi ha ormai molte vendemmie alle spalle come me può sfruttare l’esperienza accumulata per riconoscere i vari segnali che le piante e la vigna danno sul loro stato di salute.

Una volta che abbiamo fatto il massimo per accompagnare le uve a maturazione arriva il momento della raccolta, e anche questo richiede di prendere molte scelte diverse.

Ad esempio, quando cominciare? Dovete sapere che più ci avviciniamo ad un ipotetico periodo di maturazione ideale e più i grappoli sono delicati e soggetti ai fenomeni atmosferici.

L’incognita del meteo

Se piove 2 o 3 settimane prima del raccolto (parliamo di piogge normali e non temporali violenti) è un’ottima cosa, perché l’acqua contribuisce a far aumentare i grappoli, andando a nutrire la pianta.

Ma se piove tanto a ridosso della raccolta è un problema, perché l’umidità favorisce funghi e parassiti, finché è bagnato non si può raccogliere e si rischia che gli acini marciscano.

Quindi in quei giorni ho sempre un occhio al meteo, perché se ad esempio fossero previsti diversi giorni di pioggia potrei decidere di anticipare di qualche giorno la raccolta per non rischiare, anche se questo può comportare rinunciare a un po’ di grado zuccherino, perché la maturazione è più veloce negli ultimi giorni.

Questo è ancora più vero in annate molto calde come questa, dove la finestra di tempo in cui le uve sono mature al punto giusto è ancora più stretta, e attendere troppo potrebbe portare ad uno stress della pianta, che in casi estremi potrebbe riprendere liquidi e sostanze dagli acini per il proprio nutrimento, andando così a sottrarre al grappolo sostanze preziose per il vino.

Considerate anche che settembre e ottobre hanno un meteo molto variabile, e avete quindi un’idea dello stato d’animo in cui si vive, un misto tra entusiasmo, attesa e incertezza.

Per fortuna questa si sta presentando come un’ottima annata, anche se per scaramanzia non voglio dirlo troppo forte…

Quella che è stata una siccità molto problematica in buona parte del Paese, in queste zone si è declinata in un’estate secca al punto giusto, che ha permesso alle uve di raggiungere un ottimo grado zuccherino.

Le scelte continuano in cantina

Inoltre un clima più asciutto vuol dire anche più sano per le viti, perché come abbiamo detto l’umidità favorisce lo sviluppo di parassiti che invece non prosperano con il caldo secco.

Una volta pigiate le uve bisogna scegliere quanto far fermentare il mosto, e i tempi sono diversi a seconda del tipo di uva.

Se per esempio per il dolcetto bastano circa 6 giorni, per la barbera arrivo a 10 e per il nebbiolo si arriva anche a 15 giorni di fermentazione.

Nel mio caso tutto il nebbiolo raccolto è destinato alla produzione di Barolo, quindi faccio molta attenzione a impostare bene fin dall’inizio un vino che sarà in vendita solo dopo 4 anni.

Immaginate che ogni aspetto della lavorazione delle prime settimane avrà ripercussioni per tutta la vita del vino: se ad esempio ci fosse troppo zucchero e non tutto fermentasse trasformandosi in alcol, potremmo avere un vino con un gusto leggermente dolciastro, dato appunto dal residuo di zucchero in eccesso.

Venite a scoprire un profumo antico

Se non avete mai avuto occasione di visitare una cantina nel periodo subito dopo la raccolta allora vi siete persi l’esperienza del profumo del mosto, che accompagna l’uomo fin dall’antichità e rappresenta un pilastro della civiltà contadina.

Per fortuna potete rimediare: come sapete non faccio più le visite in cantina, ma siete sempre i benvenuti se volete acquistare qualche bottiglia!

Non mi sembra vero, ma anche la maggior parte delle restrizioni legate al Covid non sono più in vigore, e forse possiamo davvero pensare di lasciarci alle spalle questo lungo periodo buio.

È tornata la primavera quindi, e questo è sicuramente un ottimo periodo per passare in cantina e acquistare qualche bottiglia.

Il meraviglioso territorio in cui viviamo si presta a camminate che permettono di scoprire scorci e panorami davvero mozzafiato, e permette di rendersi conto del perché sia stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’umanità.

Vi voglio presentare 2 escursioni adatte a tutti che potete fare partendo da Monforte

Sono perfette per far venire il giusto appetito prima di una scorpacciata di ravioli al plin, o per smaltire una bella degustazione di Barolo!

Una è ad anello, l’altra vi porta a Barolo, sta poi a voi valutare se fare andata e ritorno.

Questi percorsi sono adatti a tutti e sono fruibili tutto l’anno, ad eccezione dei mesi invernali per via del fango o della neve e delle giornate più torride dell’estate.

Da Monforte a Monforte

Il primo segue il sentiero S1 che fa parte di un gruppo di 7 sentieri che partono dal centro di Monforte, ed è lungo circa 12 km.

Uscendo da Monforte lungo la Sp57 verso Monchiero si incontra la Cappella della Natività di Maria Vergine o delle Sette Vie, del XV secolo e ristrutturata nei secoli XVIII/XIX. All’interno si può ammirare un notevole affresco quattrocentesco che ritrae la Madonna seduta col Bambino.

Qui prendiamo la strada in salita a destra al bivio e la lasciamo poi per un sentiero sempre sulla destra una volta giunti alla sommità della collina.

Dopo un tratto di sentiero nel bosco si raggiunge la frazione di S. Giovanni dove si scende attraversando il rio Bussia, ci si inoltra tra cascine e vigneti fino alla frazione di Bussia con ampi panorami su Novello e il Monviso.

Le vigne di questa zona sono tra le più pregiate di Monforte, meritando una menzione tipica, detta anche “Crù”.

Su tratto asfaltato si raggiunge la Cappella della Madonna Assunta della Bussia, arrivati alla provinciale Alba-Monforte seguendo le indicazioni il percorso scende nel bosco al rio di Perno, dove vi è il “ funtanin ”, sorgente famosa da tempo immemorabile per la bontà della sua acqua.

Si risale tra vigneti di nebbiolo fino in cima alla collina, con una deviazione si arriva alla Cappella campestre di Santo Stefano a Perno, edificata originariamente nel XII secolo.

Da qui il paesaggio è davvero incantevole ovunque vi giriate, abbracciando con lo sguardo le colline a 360 gradi.

Guardando verso sud est potete vedere la mia cantina sulla collina di fronte!

Si ritorna poi a Monforte lungo l’antica “via di Perno”, strada asfaltata che vi fa arrivare nella parte alta del paese.

Da Monforte a Barolo

Questo percorso è più breve, circa 6 km, in modo che possiate affrontare anche il ritorno dopo aver magari fatto una degustazione a Barolo.

L’inizio segue il percorso precedente, ma invece di prendere il sentiero a destra una volta giunti alla sommità della collina, teniamo quello che scende verso sinistra, andando poi a sbucare sulla SP 163.

Si segue questa strada fino al bivio dove si prende in salita via Ravera verso sinistra.

Dopo circa 200 metri a destra parte un sentiero segnalato che stando a mezzacosta della collina ci porta a Barolo in circa 1,5 km, sbucando prima in via Vecchia Ravera e poi in via Vittorio Veneto.

Adesso non resta che camminare

Spero che queste proposte vi facciano venire voglia di prendere zaino e scarponcini e venire a visitare le meravigliose colline di Langa. Io vi ho presentato 2 escursioni, ma ce ne sono altre mille da scoprire, ci vediamo presto!

Fra un mese è Carnevale! Direi che dopo 2 anni di pandemia abbiamo tutti bisogno di svago, di cose divertenti, di compagnia.

Allora ho pensato di condividere una ricetta di un dolce tipico piemontese di Carnevale, e che per me è legato ai ricordi d’infanzia: i Friciò.

Cominciamo col dire che queste frittelle vengono chiamate in molti modi, friceu, farciò, ma stiamo sempre parlando dello stesso dolce, pur con qualche variazione.

Per chi non è più un ragazzino, questi sapori dell’infanzia sono ricordi molto forti, anche perché nella quotidianità della campagna “di una volta” le feste erano momenti che effettivamente scandivano il tempo. I dolci si mangiavano durante le feste, mica tutti i giorni!

Ecco che allora ogni festa viveva anche dell’attesa di quei sapori particolari che ogni ricetta di famiglia portava con sé.

La versione piemontese

Nel caso dei Friciò stiamo parlando di un dolce molto semplice, delle frittelle dolci, ma che sono meno banali di quanto sembrino. Ovviamente è un dolce che possiamo trovare in tutta la penisola da nord a sud, con tante variazioni e modifiche.

La particolarità della versione piemontese è di risultare molto soffice, al contrario delle chiacchiere o bugie, per via di una maggiore presenza di uovo nell’impasto.

Un’altra caratteristica data dal differente impasto è la forma: siccome il composto è molto liquido, viene fritto usando il cucchiaio, creando delle palline anziché delle strisce.

Il sapore particolare di queste frittelle è dato dalla scorza di limone presente nell’impasto, e le ricette più ricche prevedono anche le uvette, anche se secondo me sono un’aggiunta più recente: a casa mia infatti hanno sempre avuto solo le scorze di limone!

La ricetta

Ecco gli ingredienti che servono per la versione con le uvette:

  • 60 grammi di uva sultanina
  • 250 grammi di farina di frumento 00’
  • Mezza bustina di lievito per dolci
  • 200 ml di latte
  • Buccia di un limone grattugiato
  • 3 uova medie
  • Un litro di olio di semi per friggere
  • 100 grammi di zucchero semolato
  • Zucchero a velo oppure semolato per decorare
  • Un pizzico di sale

Preparazione

Prendete l’uvetta e mettetela a bagno in una ciotola di acqua tiepida per circa 25 minuti e poi scolatela e strizzatela.

In una tazzina mescolate un cucchiaio di farina con il lievito e tenetela da parte. Setacciate la farina che rimane in un’altra ciotola unendovi il pizzico sale e, a filo, il latte, continuando a mescolare con un cucchiaio di legno per evitare che si formino i grumi.

Mettete le uova nell’impasto una alla volta e mescolate finché non saranno incorporate perfettamente. All’impasto aggiungete poi la scorza di limone grattugiata e l’uvetta.

Infine aggiungete la farina con lo lievito che avevate messo da parte.

Mettete a scaldare l’olio e, una volta pronto per la frittura, formate delle palline di impasto aiutandovi con due cucchiai.

Questa è la parte più difficile della preparazione: immergetele nell’olio con un movimento abbastanza rapido da conservare la forma delle palline, e fatele friggere fino a doratura rigirandole di tanto in tanto,

A questo punto scolatele e mettetele su carta assorbente per alimenti, una spruzzata di zucchero a velo e sono pronte!

Il giusto vino

L’abbinamento che sarebbe più ovvio con questo piatto è quello di un vino dolce, ma io non sono un grande appassionato di vini dolci, e quindi vi propongo un’alternativa.

Per il pranzo di Carnevale provate il mio rosato Isabella.

È un vino fresco, con note olfattive di fiori gialli e potpourri, mi piace pensarlo come un invito alla primavera che deve arrivare.

Essendo ottenuto da uve nebbiolo ha comunque una sua personalità che gli permette di stare bene a tavola dall’inizio alla fine, e perché no anche assieme ai Friciò.

Speriamo che questa pandemia non faccia altri scherzi, chiudiamola con questa primavera, e ci risentiamo a Pasqua!

In Piemonte abbiamo la fortuna di avere tante qualità di formaggi diversi, e spesso chi mi viene a trovare in cantina mi chiede consigli per portare a casa qualche chicca.

Dopotutto il vino e il formaggio sono perfetti per stare insieme, e sono tra i prodotti che più identificano e raccontano un territorio.

Ho pensato allora di proporvi qualche abbinamento tra i miei vini e alcuni dei formaggi più caratteristici del Piemonte.

Roccaverano – Langhe.net

Cominciamo con il mio Dolcetto d’Alba DOC

È un vino asciutto, vinoso e con una bassa acidità e che di solito si beve abbastanza giovane.

Questo però non significa che non abbia un buon corpo e che non sappia esprimere una certa complessità già dopo un paio d’anni di invecchiamento, pur restando un vino facile da bere.

I formaggi che abbinerei al Dolcetto d’Alba DOC sono il Murazzano, la Robiola di Roccaverano e il Raschera.

Il Murazzano prende il nome dal paese dell’Alta Langa dove nasce, ed è un formaggio grasso a pasta fresca prodotto con latte ovino in purezza o con latte misto ovino in misura minima del 60% con eventuali aggiunte di latte vaccino in misura massima del 40%.

Anche la Robiola di Roccaverano prende il nome dal paese della Langa Astigiana dove è prodotta, e in questo caso parliamo di un formaggio grasso a pasta fresca prodotto con latte di vacca in misura massima dell’85% e di capra e pecora in rapporto variabile o in purezza in misura minima del 15%.

Cambiamo zona con il Raschera, originario del Monregalese e prodotto in tutta la provincia di Cuneo. È un formaggio di latte vaccino, eventualmente aggiunto di latte ovicaprino, semigrasso, crudo, con pasta pressata, semidura.

Murazzano – Langhe.net

Entra in campo il Barbera d’Alba DOC

Una delle cose che più mi piacciono del formaggio è quanto possa cambiare con la stagionatura!

Anche il vino cambia nel tempo, ma col formaggio di solito si ottengono grandi cambiamenti anche in poche settimane, e ci si può sbizzarrire ad assaggiare uno stesso formaggio con diverse stagionature.

Per il mio Barbera d’Alba DOC vi propongo gli stessi formaggi, ma con qualche settimana di maturazione. Tutti e 3 infatti sono ottimi da freschi, ma rivelano meglio il loro carattere dopo qualche settimana di maturazione.

E il Barbera, con la sua acidità più spiccata e un sapore leggermente tannico, si sposa benissimo con i gusti più marcati di questi formaggi nella loro versione più stagionata.

Testun – Langhe.net

Si chiude in bellezza con il Barolo DOCG

Quello che viene definito Re dei vini non ha bisogno di tante presentazioni. Parliamo di un vino di grande complessità e struttura, dove i vari aspetti del gusto e del profumo regalano un’esperienza che è una continua scoperta.

I formaggi che reggono il confronto con il Barolo DOCG sono quelli a lunga stagionatura e dai sapori decisi, che spesso arrivano alla nota leggermente piccante che i giapponesi chiamano Umami.

Vi consiglio il Testun e il Castelmagno, tra i formaggi più noti e pregiati della provincia di Cuneo.

Il Castelmagno viene prodotto in Val Grana, ed è un formaggio di latte vaccino, eventualmente aggiunto di latte ovicaprino, semigrasso, a pasta cruda, semidura, talvolta erborinata. La sua stagionatura arriva fino a sei mesi.

Il Testun è invece prodotto nella Langa Monregalese, in particolare nella zona tra il fiume Tanaro ed il torrente Vermenagna.

Viene prodotto con prevalente latte di pecora, anche aggiunto di latte vaccino, grasso o semigrasso, a pasta cruda, semidura e pressata. Può arrivare fino ad un anno di stagionatura, offrendo così un gusto molto ricco e complesso.

Quando passate a trovarmi in cantina fatemi sapere se questi consigli sono stati utili per i vostri acquisti di formaggio!

Mi capita spesso che degli amici mi chiedano consigli su dove andare per un week end nelle Langhe.

Claudio, dove andiamo?

Ovviamente non amici di qua, a Monforte, ma clienti e persone di altre parti d’Italia con cui negli anni si è creato un rapporto di amicizia.

La domanda è sempre più o meno questa: “Claudio, noi verremmo dalle tue parti per un paio di giorni, dacci qualche consiglio su dove andare!”

Ho pensato allora di preparare un breve tour con i posti che consiglierei, così ho sempre la risposta pronta!

Non è da prendere alla lettera, e ci sono tantissimi altri posti belli da vedere nelle Langhe, bisognerebbe fermarsi delle settimane, ma già in 2 giorni qualche bel giro si può fare.

Anzi, se poi questi consigli vi piacciono, potrei proporne altri, con mete diverse e magari anche durata più lunga.

Come ho scelto le tappe

Vi do un’idea dei criteri che ho usato per comporre questo mini tour, così potete capire meglio se fa al caso vostro ed eventualmente modificarlo.

A me in vacanza piace muovermi, ma voglio anche avere il tempo di conoscere e gustarmi i posti che incontro, mi piace provare i prodotti tipici, e ovviamente visitare qualche cantina se ce n’è l’occasione!

Quindi ho messo 2 tappe per giornata, scegliendole non troppo lontane tra loro in modo da non dover passare tanto tempo in macchina, avendo solo 2 giorni.

Ho cercato anche di far si che questo giro permetta di avere uno sguardo sulle diverse realtà che le Langhe possono offrire, in termini di paesaggio, prodotti e cultura.

Ho già parlato abbastanza, è ora di partire!

Giorno 1

La prima tappa è a Monforte. Inutile dire che vi aspetto in cantina per farvi assaggiare i miei vini, ma il mio paese merita una visita anche per altri motivi.

Monforte

Possiamo dire che, insieme a Barolo e La Morra, è uno dei templi del Barolo. Rappresenta un esempio tipico di un piccolo centro d’eccellenza, un paese con circa 2000 abitanti dove però ci sono moltissimi viticoltori.

In questo articolo ho spiegato cosa rende particolare il Barolo di Monforte, e vale la pena farsi una passeggiata lungo i sentieri segnalati intorno al paese per apprezzare la conformazione del territorio e i meravigliosi paesaggi che può offrire.

Anche il centro storico merita una visita, e in generale ci sono diverse cose da vedere.

Dogliani

Facendo pochissimi chilometri arriviamo alla seconda tappa: Dogliani.

Ho scelto questo paese perché è la patria di un altro grande vino di Langa, che però solo negli ultimi anni sta raccogliendo il successo che merita, il Dolcetto.

Tra Monforte e Dogliani c’è sempre stata una sana rivalità enologica, perché i vini che si producono hanno caratteristiche e mercato molto diversi.

Però mettiamo da parte il campanilismo, il paese merita una visita!

Prima che il Barolo diventasse famoso in tutto il mondo, il Dolcetto si contendeva con il Barbera il primato della coltivazione in Langa, e ancora oggi rappresenta una grossa fetta dell’enologia del territorio.

È un vino asciutto, semplice solo all’apparenza, e che può regalare grandi sorprese con il giusto invecchiamento e un’adeguata gradazione, a discapito della tradizione che lo voleva solo vino leggero e di pronta beva.

Crediti foto – doglianiturismo.com

Il paese è molto carino ed offre diverse opportunità di svago e approfondimento sulla cultura locale, come ad esempio il museo degli ex voto, piccoli dipinti che una volta venivano realizzati per ringraziare i Santi o la Madonna per aver intercesso in caso di malattie, incidenti o disavventure.

Giorno 2

Per la seconda giornata voglio farvi cambiare zona, e portarvi in un centro di quella che si definisce Alta Langa, in genere oltre i 500 metri di altezza, pur facendo pochi chilometri da Dogliani.

Il paesaggio vi darà subito un’indicazione della diversa agricoltura del territorio, che ha plasmato diversamente l’economia e la storia di questi luoghi.

Le vigne lasciano il posto ai noccioleti e ai boschi, ed entriamo nella zona di produzione della Nocciola Tonda Gentile delle Langhe.

Murazzano

Questo piccolo paese merita sicuramente una visita perché oltre alle nocciole, è famoso per essere particolarmente votato alla produzione del formaggio.

Siamo infatti nella patria del Murazzano DOP, una tuma di latte di pecora molto saporita, ma delicata al tempo stesso.

Il clima della zona è particolare, essendo in prossimità del confine con la Liguria, e l’altezza lo mette al riparo dall’umidità eccessiva. Il risultato sono le condizioni ideali per l’allevamento delle pecore, che hanno da sempre rappresentato un’importante risorsa.

La vista sulle colline circostanti, spesso a 360 gradi è veramente mozzafiato, e permette anche di apprezzare la conformazione della bassa Langa, abbracciandone con lo sguardo porzioni molto grandi.

Anche il centro storico con la sua torre merita una visita, e troverete alcuni ristoranti tipici davvero validi.

Alba

Nel nostro giro non poteva mancare una visita alla capitale delle Langhe, Alba.

Sarebbero moltissime le cose da dire su questa città, sulla sua storia recente e passata.

Vi consiglio la lettura de “I 23 giorni della città di Alba”, di Beppe Fenoglio, per farvi un’idea del periodo della Resistenza, una stagione cruciale di questo territorio che ne ha plasmato la cultura e il pensiero.

Crediti foto – vinumalba.com

Poi si potrebbe parlare della storia industriale della città, che ha rappresentato un esempio di come coniugare la cultura di impresa con l’etica civica e il rispetto delle tradizioni contadine.

Vi consiglio di visitare la Fondazione Ferrero, che organizza spesso mostre gratuite di altissimo livello, proprio nell’ottica di un rapporto col territorio che non sia puramente economico.

E poi c’è tutto il mondo dell’enogastronomia, di cui Alba è una capitale a livello mondiale.

Se avete scelto le Langhe come meta della vostra vacanza, probabilmente non c’è neanche bisogno che vi dica quante eccellenze alimentari ed enologiche potrete trovare ad Alba.

Le Langhe sono state negli scorsi anni dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, e questo patrimonio trova la migliore esposizione dei suoi frutti in questa città che attrae appassionati del cibo da tutto il mondo.

Spero che questi spunti vi possano essere utili per organizzare il vostro prossimo tour nelle Langhe, ci vediamo presto!

È inutile negarlo, l’estate non è la stagione più adatta al vino rosso. Fa caldo, siamo molto più invogliati a bere una birra fresca, magari un bianco frizzante o qualche cocktail esotico.

Però onestamente, da bravo viticoltore, non riesco a stare troppo tempo lontano dal mio vino! Sarà che dedicandoci così tanto tempo e impegno, per me stappare una bottiglia è un po’ come fare un check della situazione, il vino è vivo e cambia nel tempo, quindi mi piace seguirne l’evoluzione durante l’anno.

Allora cerco tutte le occasioni per stappare una bottiglia anche d’estate, e a guardare bene, non mancano.

Il Rosato, strutturato ma rinfrescante

Ad esempio per una aperitivo in compagnia c’è il Rosato Isabella, il mio rosato ottenuto dalla vinificazione in bianco di uve nebbiolo.

Questa combinazione di origine e lavorazione gli dona struttura mantenendo però una morbidezza e una freschezza che lo rendono perfetto anche per l’estate.
Dalle 7 di sera in poi, se passa un amico a trovarmi, è la prima bottiglia a saltare!

Il Dolcetto, buono anche fresco

Un altro vino che può essere bevuto anche d’estate è il Dolcetto. Lo so cosa state pensando, col caldo i rossi non vanno bene. Però con un piccolo trucco, il dolcetto ci può venire in aiuto anche quando la temperatura sale.

Infatti è un vino che essendo meno impegnativo di altri rossi, si presta ad essere bevuto anche ad una temperatura più bassa di quella ambientale, anche intorno ai 14 gradi.

Quindi possiamo tenere per un po’ il nostro dolcetto al fresco in frigorifero (senza esagerare, mi raccomando), in modo che al momento del pasto sia fresco ma non freddo.

Quando vado a una grigliata estiva da amici, porto sempre una bottiglia del mio Dolcetto d’Alba: può accompagnare tranquillamente la carne, ma anche gli antipasti e le verdure pur essendo servito fresco.

E per i giorni meno caldi…Barbera!

Però attenzione, non sempre ci sono 40 gradi! Se la giornata è un po’ più fresca, o se ad esempio vado in montagna a fare un pic nic, allora posso anche stappare un Barbera d’Alba.

Il suo sapore asciutto, unito alla spiccata acidità, lo rende perfetto appena la temperatura si abbassa di qualche grado e ci torna la voglia di rosso, magari a cena con qualche salume e formaggio stagionato.

Insomma, non è vero che l’estate è nemica del vino, o che d’estate si beve solo vino bianco. Con qualche accorgimento e le giuste condizioni, possiamo gustarci i nostri vini preferiti tutto l’anno. Ecco, forse non proprio in spiaggia, ma sicuramente con le gambe sotto il tavolo si!

Buone vacanze a tutti!

Visto che è cominciata la bella stagione, volevo condividere con voi una ricetta che se non la fate adesso, fino all’inverno non c’è più occasione: il brasato al Barolo!

È un piatto un po’ complicato da fare, ma a me piace tantissimo, e ne vale davvero la pena.

Un secondo della tradizione Piemontese: il brasato

Per chi non lo conoscesse, si tratta di un secondo piatto di carne che prevede la scottata a fiamma vivace di una bella porzione di manzo per chiudere i pori, e la conseguente cottura molto lenta con vino, spezie e verdure.

Un buon brasato dipende dalla bontà del taglio, dalla pentola che viene impiegata, dalla capacità di abbinare le giuste spezie e verdure, ma anche e soprattutto dal vino impiegato per cuocere la carne.

Secondo la ricetta tradizionale piemontese, il vino migliore è il Barolo, il re dei vini.

Nella ricetta deve dare profumi e sentori particolari alla carne sia durante la marinatura che in cottura: serve quindi un vino corposo, non troppo giovane e ricco di sapori speziati.

L’abbinamento del vino ideale

L’abbinamento classico per un piatto di Brasato al Barolo è ovviamente…il Barolo! (conosci il mio? Puoi acquistarlo qui!)

L’accoppiata è pressoché perfetta sia da un punto di vista aromatico sia da un punto di vista del gusto.

Dal punto di vista olfattivo infatti l’ampiezza dei profumi del Barolo, con una forte nota speziata, fa il paio con la complessità proveniente dal fumetto aromatico emanato da una fetta di brasato servito caldo.

Al suo interno ci sono i rilasci delle spezie utilizzate in marinatura, i rilasci degli umori del manzo e delle verdure in cottura ma, soprattutto, c’è il succo aromatico proveniente dal ristretto del Barolo.

Il procedimento di preparazione del brasato conferisce alla carne morbidezza e succulenza, poiché riesce a ben conservare l’umidità di partenza della carne e addirittura aggiungerne dell’altra.

Per bilanciare queste caratteristiche arrivano al gusto il sostegno alcolico e l’elegante tannicità del vino: l’alcol con la sua funzione disidratante andrà ad asciugare la succulenza, mentre la morbidezza generale del piatto verrà compensata con l’astringenza tannica del vino.

Quindi l’ideale è accompagnare il brasato con una bottiglia identica a quella usata nella ricetta.

Non so a voi, ma a me a questo punto è già venuta l’acquolina, quindi direi di andare a vedere gli ingredienti e la preparazione!

La ricetta

Ingredienti per 4 persone:

  • 1 costata di manzo da 1 kg
  • 3 carote
  • 1 cipolla
  • 3 chiodi di garofano
  • 1 rametto di rosmarino
  • 1 bottiglia di Barolo DOCG
  • 50 gr di burro
  • 4-5 grani di pepe nero
  • 1 pizzico di noce moscata
  • sale q.b.
  • 100 gr di lardo di maiale
  • 2 coste di sedano
  • 1 foglia di alloro
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 stecca di cannella di 1 cm.
  • 50 gr di grasso di prosciutto
  • 1 cucchiaino di fecola di patate
  • 1 cucchiaio di farina bianca

Tagliate il lardo a listarelle e lardellate la carne, tagliate a pezzetti le carote e il sedano e dividete in 4 pezzi la cipolla. Mettete in una terrina le verdure tagliate, la carne, un poco di sale, i grani di pepe, i chiodi di garofano, la foglia di lauro, il rosmarino e il pezzetto di cannella. Aggiungete l’aglio tagliato a pezzetti e versate il Barolo.

A questo punto lasciate marinare per almeno 12 ore. Sgocciolate la carne, infarinatela e legatela con lo spago. Tritate il grasso di prosciutto e mettetelo in una casseruola che avrete imburrato. Fate sciogliere il grasso e rosolate la carne da tutti i lati.

Passate in un colino il liquido della marinatura e raccoglietelo in un pentolino. Scaldatelo fino a farlo ridurre a ¾ , quindi versatelo sulla carne condita col sale. Aggiungete le verdure della marinatura, coprite con un coperchio e lasciate cuocere a fuoco basso per circa 2 ore. Al termine della cottura estraete la carne, sgocciolatela e tenetela al caldo.

Schiumate il liquido di cottura, eliminando il grasso e aggiungete la fecola e la noce moscata. Cuocete mescolando per 5 minuti circa e versate sulla carne un po’ della salsina ottenuta dal fondo di cottura e servite subito.

Buon appetito!

Chi come me lavora nelle vigne, non ha grossi lavori da fare nel periodo di Pasqua: la potatura è terminata, e la nuova stagione della vite non è ancora cominciata.

È un momento di riposo e di festa, di attesa della nuova stagione che comincia, e non per niente nell’antichità l’equivalente del nostro Capodanno cadeva in questi giorni.

Questa Pasqua ha però sicuramente un sapore un po’ strano.

Sinceramente se mi avessero chiesto un anno fa, non avrei certo immaginato che anche questa volta l’avremmo passata in lockdown, addirittura in zona rossa.

Purtroppo bisogna avere ancora pazienza, e adattarsi ad una festa meno in compagnia.

L’anno scorso abbiamo fatto una chiacchierata con mio zio Natale, dove ci raccontava delle tradizioni come Cantè J’Euv: ecco, oggi sembrano ancora più distanti, e forse quando questa pandemia sarà finita ci verrà ancora più voglia di stare di nuovo insieme!

Ma anche nei momenti difficili bisogna concedersi qualche piccolo piacere, e allora ho pensato di abbinare alcuni piatti tipici della festa con alcuni miei vini, sperando di darvi qualche spunto per la vostra tavola.

Inoltre in questo periodo potete acquistare i miei vini su LoveLanghe Shop a prezzo scontato, un motivo in più per festeggiare!

Antipasti

Che sia un pranzo a tavola o un pic nic, gli antipasti freddi sono tra i preferiti in questa occasione.
Ovviamente penso ai salumi, alle frittatine, o all’immancabile vitello tonnato.

Anche se la regina degli antipasti è la Torta Pasqualina, un grande classico con spinaci, uova e ricotta.

Con questi piatti consiglio il mio rosato Isabella, leggero e beverino, ma che non nasconde il carattere che deriva dal vitigno Nebbiolo da cui nasce.

Primo

Tra i tipi di pasta che preferisco ci sono i ravioli, grande cavallo di battaglia della cucina di Langa, e visto che siamo in primavera ve li consiglio con un ripieno di erbette e ricotta, che li rende saporiti e delicati allo stesso tempo.

Il mio Dolcetto d’Alba DOC è probabilmente il vino migliore per accompagnare i primi piatti, con il suo sapore asciutto, non impegnativo ma di buon corpo.

Secondo

Un secondo che mi è sempre piaciuto molto è il coniglio al forno con le patate, un piatto saporito che secondo me si sposa molto bene con il mio Barbera d’Alba DOC.

La sua acidità e il sapore leggermente tannico sono bilanciati dall’affinamento in legno, e in generale può sostenere tutti i secondi piatti di carne o comunque con gusti decisi.

E i dolci?

Su questo argomento non mi esprimo, non sono molto goloso di dolci, e non ne ho quindi di preferiti, diciamo che a fine pasto una fetta di colomba la mangio, ma più per la compagnia!

Spero che questi semplici consigli possano stuzzicarvi o aiutarvi nei vostri abbinamenti, ma ricordatevi che se la bottiglia giusta è importante, le persone lo sono ancora di più.

Buona Pasqua a tutti!