Volgo lo sguardo a stento
sul vigneto fradicio, disselciato.
Il tralcio rotto, macinato,
il grappolo a terra, in un momento.
Rami nudi come scheletri
macabri, piangono al vento
rimanenze delle foglie appiccicate ai vetri,
come anime sparse nel firmamento.
La nuvola impazzita, un ricordo:
il tempo un attimo si è fermato,
il grigio inverno è tornato,
il vigneto brullo come un morto.
L’uccello ferito è volato lontano
inpaurito da questa scena siderale
in un momento senza vita, irreale.
La terra ferita si risveglia pian piano.
(Natale Seghesio – E le stelle giocano a scopone – Premio decimo concorso di poesia Coldiretti, Roma, 2009)
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