Prefazione di Maria Gabriella Contratto
Non si può comprendere la Poesia di Natale Seghesio senza conoscere le Langhe.
Questi luoghi hanno nella loro orografia sospesa e nella loro peculiare antropizzazione caratteri che riflettono la condizione umana nella sua profonda essenza.
Le cascine sole a mezzacosta guardano alle montagne con la stessa enigmatica attesa dei Moai dell’Isola di Pasqua di fronte al mare.
Qui spesso ad un uomo è data una collina, è quella collina, e da quel punto guarda quelle intorno.
Natale è un uomo nodoso, conosce il lavoro quotidiano e meditativo, fatto con le mani.
I suoi occhi schivi, annidati sotto ciglia folte raccontano una rigorosa eleganza antica, paiono a tratti soffocati dalle emozioni.
Mentre il mondo accelera e sfugge egli ha creato intorno a sé lo spazio in cui riconoscersi e liberare l’attenzione, fermando nella parola scritta le proprie impressioni.
I versi affiorano come ricavati nel silenzio.
Si riconosce la presenza ed il distacco di chi scrive, quella sensazione che descrive bene nell’osservare di notte le luci vibranti e tacite dei paesi sui crinali.
Nella contemplazione – “mentre penso e non voglio pensare” – la realtà risulta filtrata, così come il clangore metallico dei trattori giunge arrotondato all’orecchio distante.
Contemporaneamente ciò che non ha voce si amplifica permettendogli di percepire -“il rumore dell’erba che cresce“.
L’aurora, il brillare delle lune, il buio profondo, il vento che sbatte le imposte, l’asfalto asciugato dai primi raggi dopo la pioggia, tutto è nel contempo essenza e simbolo, senza che si possa percepire il passaggio tra le due condizioni.
Sulla giostra delle rime trova posto e gira la vita nei suoi aspetti più semplici ed implicitamente complessi, ma il movimento è pressoché assente, percepito nelle sfumature come in una pittura impressionista.
Quasi sempre sono gli elementi aerei, vento, uccelli, nubi e tutto ciò che è del cielo, a ricorrere e ad animare gli scenari, come se in essi fosse racchiuso il mistero, il respiro della vita.
A dispetto delle allegorie che si possono intuire nella poesia di Natale Seghesio, la lettura più aderente alla sua intenzione è forse quella puramente descrittiva.
Anche quando comunica la sua opinione su temi quali il progresso, la malattia e la guerra, lo fa con la logica consequenzialità che appartiene all’ordine naturale degli eventi e degli elementi, essendone anch’egli parte.
Non c’è conflitto o resa, non si pongono domande insistenti per complicate risposte; l’armonia del creato è ovunque per chi abbia lo sguardo mansueto e la disposizione dell’animo.