Ciao zio, eccoci qua per un’altra chiacchierata. Si avvicina la Pasqua, e anche se la passeremo in quarantena, mi piacerebbe sapere da te come era vissuta questa festa.
Intanto devo dirti che quando ero ragazzo, la Pasqua era una festa molto sentita. Forse anche più del Natale, mentre oggi si festeggia un po’ meno.
E come mai, che differenze vedi? Comunque anche oggi è una bella occasione per stare con le persone care.
Si, ma considera che nel mondo contadino la Pasqua arriva in un momento molto importante. Dopo l’inverno, che una volta era molto più freddo, finalmente la natura comincia a risvegliarsi, in campagna c’è un grande fermento, si riprendono i lavori come ad esempio la semina.
Quindi, mentre il Natale si passa in famiglia, il periodo di Pasqua era una festa per tutta la borgata! Sai, in una frazione dove adesso abitano 10 persone, una volta ce n’erano 50, intere famiglie!
Quindi si stava più con le altre persone?
Certo. Prima di Pasqua ad esempio si ammazzava il maiale, ed era una grande festa! Con un solo maiale facevi la carne per mesi, e siccome richiedeva molto lavoro partecipavano molte persone. E come sai, del maiale non si butta via niente. In quel periodo scoprivi di avere un sacco di amici! Scherzi a parte, me lo ricordo come un momento di festa per tutti.
Era un momento importante anche per il vino, giusto?
Sicuramente. In quel periodo cominciava a essere pronto il vino nuovo, e cominciavi a vedere i frutti del tuo lavoro. È un po’ come una nuova nascita, ogni annata a Pasqua faceva il suo debutto in società. Come ti dicevo era un momento di ripresa per tutta la campagna, che coincideva con la resurrezione della festa religiosa.
E tu partecipavi alle funzioni?
Si, come tutti. Anche se a dir la verità spesso era più che altro per avere l’occasione di vedere delle ragazze! Sai, le occasioni di incontrarsi non erano mica tante!
E voi ragazzi come festeggiavate?
Ad esempio si cantavano le uova. In piemontese di dice Cantè J’Euv. Andavamo in gruppo in giro per la cascine, con una fisarmonica, una chitarra o quello che c’era. Si andava a cantare chiedendo in cambio delle uova, un po’ come dei menestrelli.
Nelle cascine più ricche capitava anche che ci invitassero a cena, ma comunque anche solo le uova per noi erano un bel regalo! All’epoca non c’era tanta ricchezza nel cibo, non abbiamo mai fatto la fame, ma sicuramente queste erano un alimento importante. Se ne avevi tante le potevi anche portare al mercato e usarle come moneta di scambio, per avere altre cose.
Visto che siamo in argomento, quali erano i piatti o le ricette legate alla Pasqua?
Intanto diciamo che una volta la Quaresima si faceva per davvero, quindi quando arrivava il momento della festa si mangiava molto volentieri! Molti piatti si fanno ancora oggi: le raviole e le tagliatelle non mancavano mai, e spesso si mangiava il coniglio. Invece l’agnello era molto meno diffuso, era una cosa che si potevano permettere quelli un po’ più ricchi.
Spesso si faceva anche la polenta.
Addirittura la polenta a Pasqua?
Si, ma considera che spesso in quel periodo c’era ancora la neve, o si era appena sciolta. Quindi un bel piatto di polenta e coniglio non dispiaceva affatto.
Mi ricordo che a volte si mangiava un dolce che adesso credo non facciano più. Da noi si chiamava la “Giuncà”.
Era una ricotta fresca, fatta con il latte della prima erba di primavera, a cui veniva aggiunto dello zucchero e veniva spolverata con il cacao o con il caffè. Un dolce semplicissimo, ma che mi ricordo ancora.
Direi che ci hai fatto un bel racconto di come si viveva questa festa quando eri giovane. Vogliamo fare gli auguri a chi ci leggerà?
Come no! Anche se dobbiamo restare in casa, per fortuna oggi ci sono delle tecnologie che ci permettono di comunicare a distanza, e possiamo sentirci più vicini. Speriamo che questo periodo ci insegni di nuovo il valore della solidarietà, perché ogni tanto ce lo dimentichiamo.
Vorrei farvi gli auguri a modo mio, con una poesia:
Buona Pasqua
Luccichio di gemme rugiadose
Brillan sui filari e nella valle
le prime viole odorose,
spuntano come farfalle.
Un bimbo guarda il suo gattino,
il piccol dito in bocca,
al vetro della porta un nasino
un fiore sboccia.
Un soffio di pace, di perdono,
Pasqua del Signore, un dì di festa
il mondo intero, un po’ più buono
una campana squilla sopra la testa.
Pace fratello, porgi la mano
al povero, a chi è lontano,
un attimo il tempo per pensare
mentre torni al tuo casolare.