Ciao zio, visto che è quasi Natale e tu ti chiami Natale, che ne dici di fare una chiacchierata per raccontare ai nostri amici qualcosa della tua vita?
Volentieri, basta che non andiamo troppo nel personale, lo sai che la verità è solo un alibi!
Va bene. I nostri amici non lo sanno, ma tu sei un poeta, hai appena pubblicato un nuovo libro, Alba e tramonto, sei soddisfatto del risultato?
Si, anche se l’impaginazione non è esattamente come la volevo, la prossima volta starò più attento. Sono circa 70 poesie divise in 4 stagioni, più alcune a tema libero. Mi piace spaziare tra tanti argomenti, qualunque pensiero che mi colpisce può essere lo spunto per una poesia, che siano le canne mosse dal vento o un bel piatto di pastasciutta fumante.
Da dove nasce questa tua passione? Come sei diventato poeta?
Non lo so di preciso, diciamo che la lingua italiana mi ha sempre appassionato. Da piccolo ho studiato al seminario di Alba, e italiano e storia erano le materie che mi piacevano di più. Ero molto bravo con i temi e spesso fornivo materiale ai miei compagni durante i compiti in classe. Pensa che una volta per fare uno scherzo sono andato apposta fuori tema, così tutta la classe copiando da me è andata fuori tema!
Allora eri anche un po’ monello! E le poesie quando arrivano?
Quelle sono arrivate più tardi, anche se come ti dicevo ho sempre letto tanto, anche in collegio mi piaceva passare le domeniche in biblioteca a leggere libri su qualunque argomento. Ho iniziato a scriverle per un’esigenza mia, per fermare sulla carta dei pensieri o delle sensazioni che mi colpivano, ma non erano pensate per essere lette, spesso le scrivevo e le buttavo. Sai che ho avuto tanti lutti in famiglia, in quei momenti la poesia mi ha aiutato a sentirmi meno solo. Poi verso i 40 anni ho cominciato a tenerle e raccoglierle. Nell’80 ho vinto un premio a un concorso a Roma indetto dai Coltivatori diretti. Allora mi sono deciso a tenerle, ogni tanto le pubblico e do il ricavato in beneficenza. Ma mi piace anche regalare i miei libri alle belle ragazze!
Ah ah, bravo zio! E loro le accettano?
Certo, è un regalo che viene dal cuore. Poi mi piace parlare coi giovani, mi ci trovo bene. Anche quando vado in biblioteca spesso incontro dei ragazzi, e siccome lì sono di casa, faccio un po’ il Cicerone al posto delle ragazze che ci lavorano. Anche la domenica vado spesso in biblioteca. Di messe ne ho fatto la scorta da ragazzo in seminario, diciamo che le ho messe in freezer, e adesso la domenica preferisco andare in biblioteca!
E come mai hai scelto di scrivere in italiano invece che in dialetto?
Non c’è un motivo preciso, come ti dicevo a scuola ero molto bravo in italiano, e mi sembra di aver più possibilità di esprimere quello che voglio usando l’italiano invece del dialetto. Ha più sfumature e più parole. E poi il dialetto anche se è bello è troppo diverso da una zona all’altra. Il nostro di Monforte è già diverso da quello di Alba, che è diverso da quello di Cuneo e così via. Anche se sono molto legato a queste terre e alle loro tradizioni, la poesia mi viene in italiano.
Da dove ti arriva l’ispirazione per le tue poesie?
Può arrivare da qualunque cosa. Spesso mi arriva dalla campagna, dalla natura. Un paesaggio che hai visto mille volte ma che quel giorno ti colpisce, un albero mosso dal vento o un temporale. Ma per me la natura è un punto di partenza, mi fa riflettere su molte altre cose, sulla vita in generale e sulle nostre emozioni. Poi quando arriva l’ispirazione devo coglierla al volo, se passa troppo tempo la perdo.
Se ti chiedessi di scrivere adesso una poesia?
Non si può fare a comando! Anche se mi dessi un sacco di soldi, non sarei capace di scrivere senza ispirazione. Quando è il momento giusto, lo senti. È tutta una questione di tempi giusti, come in campagna.